Mangiato troppo? Ecco come proteggere la mucosa intestinale.

Protegge la mucosa intestinale

Festività di Natale e, con esse, le cene e i pranzi tra colleghi e amici si moltiplicano, le occasioni conviviali dai primi di dicembre si susseguono senza sosta e si inizia a ingurgitare una quantità di cibo e spesso di alcolici fuori misura. Le festività natalizie giungono dopo una lunga marcia di avvicinamento fatta di aperitivi, brindisi, panettoni e pandori scartati prima del tempo, in una sorta di tour de force per il nostro stomaco.

L’inevitabile conseguenza del turbinio di portate che ci assale è un considerevole aumento delle calorie assunte e un sovraccarico importante per l’apparato gastroenterico, abituato ad introiti alimentari più contenuti. Questo può comportare uno sforzo digestivo difficile da sopportare, che può dare come conseguenze una sensazione sgradevole di peso sullo stomaco, gonfiore, bruciore, sintomi da gastrite/reflusso, nausea dopo i pasti, acidità e aumento della salivazione, eruttazioni, rigurgiti, disturbi in genere non gravi ma comunque fastidiosi, che possono andare avanti nel tempo e non farci più dormire sereni. 

Normalmente il cibo ingerito, in seguito alla deglutizione, passa attraverso un canale, l’esofago, che conduce all’interno dello stomaco; qui l’ambiente fortemente acido permette la digestione degli alimenti, il cui assorbimento avviene nell’intestino. Il cibo passa da esofago a stomaco attraverso lo sfintere esofageo, il cardias, valvola adibita proprio a questo passaggio del cibo e che impedisce ai succhi acidi dello stomaco di risalire verso l’alto, mantenendoli all’interno per favorire la loro funzione di digestione. 

Il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene fisiologicamente durante la giornata, soprattutto dopo mangiato. Tuttavia, se questi eventi superano una determinata soglia, in termini di frequenza, quantità e durata, si verifica una vera e propria malattia, chiamata MRGE, malattia da reflusso gastroesofageo, che può diventare cronica e durare tutta la vita. Nelle persone con reflusso gastroesofageo il cibo e succhi gastrici risalgono -attraverso un’apertura anomala della valvola esofagea- dallo stomaco nell’esofago, che, non essendo provvisto sulle sue pareti di sistemi di protezione contro l’acido cloridrico prodotto per digerire il cibo, va incontro ad irritazione che causa senso di bruciore in posizione retrosternale e dolori alla deglutizione. 

Il reflusso gastroesofageo non è da confondere con la gastrite che è propriamente un’infiammazione della mucosa che riveste le pareti interne dello stomaco. La gastrite può venire a causa dell’aumento della produzione di acido, o per la presenza di un batterio chiamato Helicobacter Pylori e/o per la riduzione delle difese di tale mucosa. I sintomi principali della gastrite sono un senso di nausea e di ripienezza gastrica così come una rallentata digestione. Quegli stessi succhi gastrici, refluendo nell’esofago, ne irritano la parete dando origine al reflusso gastro-esofageo. I sintomi in questo caso sono disparati: si va da una strana sensazione di bruciore dietro lo sterno al rigurgito fino al vomito e al dolore tipo anginoso retro-sternale. Alcune volte i succhi, intaccando le corde vocali, provocano abbassamenti di voce che i pazienti difficilmente si spiegano. Quando questi disturbi diventano quotidiani si parla di MRGE, condizione che affligge circa il 20% della popolazione in Europa, molto meno le popolazioni asiatiche. I sintomi possono distinguersi in tipici e atipici.

Quelli tipici sono la pirosi retrosternale -ovvero il bruciore che si irradia posteriormente fra le scapole o al collo fino alle orecchie- e il rigurgito acido, cioè la percezione di liquido amaro o acido in bocca, si possono presentare in modo continuativo durante la giornata, oppure in modo intermittente. Ad esempio, il reflusso può verificarsi al risveglio, dopo i pasti e durante la notte perché favorito dalla posizione orizzontale (tipicamente da mezzanotte alle 3 di mattina) o solo in posizione sdraiata e mentre ci si piega in avanti (es. mentre si allacciano le scarpe).

I sintomi “atipici” sono la sensazione di nodo alla gola con difficoltà alla deglutizione, difficoltà digestive, nausea, laringite cronica, tosse, raucedine, abbassamento della voce, singhiozzo, asma, dolore toracico (simile a quello di natura cardiaca), otite media, insonnia. Considerati nel loro insieme, i sintomi tipici e atipici possono compromettere in modo significativo la qualità di vita del soggetto colpito, anche perché nel 30-35% dei casi si possono avere complicazioni con erosioni a livello dell’esofago, che provocano ulcere o restringimenti (3-5%) ed anche trasformazione dell’epitelio esofageo in epitelio intestinale (metaplasia intestinale)noto con il nome di Esofago di Barrett, che può predisporre al tumore esofageo. 

Certamente non è solo la qualità e la quantità di cibo ingerito che può provocare la MRGE, ci sono tanti altri fattori in gioco come quelli anatomici, (ernie iatali), funzionali (alterazioni della motilità esofagea), ormonali e farmacologici che possono incidere sulla sua comparsa, così come il sovrappeso e la condizione di gravidanza perché aumentano la pressione intraddominale. 

Tra gli esami utili per diagnosticare la malattia ci sono gli esami radiologici del tubo digerente; la Gastroscopia, che consente di esaminare l’esofago, lo stomaco ed il duodeno, attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile nel quale è incorporata una telecamera ed un sottile canale, attraverso il quale è possibile far passare la pinza bioptica per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie); la Manometria esofagea che può essere utile per valutare se ci sono anomalie della motilità dell’esofago (peristalsi); la pH-impedenziometria delle 24 ore, che consente il monitoraggio della quantità di materiale refluito (sia acido che non acido) nell’esofago.

La terapia iniziale si basa su un’adeguata educazione alimentare e dello stile di vita, volta a ridurre il peso corporeo (soprattutto la circonferenza addominale) ed evitando il fumo (la sigaretta dopo il pasto stimola la secrezione acida dello stomaco e facilita il reflusso) e gli alimenti che potrebbero peggiorare l’acidità come cioccolata, menta, caffè, alcolici, pomodoro, agrumi, limone, aglio, peperoncino e spezie, oltre alle gomme da masticare che aumentano la produzione di succhi gastrici. Per contenere l’abitudine di masticare chewing gum, ricordiamoci che la produzione di succhi gastrici è legata alla masticazione: più mastichiamo, più segnali inviamo al cervello per fargli capire che deve prepararsi a digerire cibo

Inoltre è bene mangiare lentamente ed evitare di coricarsi subito dopo i pasti, soprattutto quando pesanti o abbondanti (sarebbe necessario attendere almeno 3 ore) e di consumare un pasto leggero alla sera. Per quanto scontato possa essere vale la pena ricordare l’importanza della moderazione: evitare le abbuffate colossali, limitare sughi, fritti, panna e intingoli, perché i cibi ricchi di grassi richiedono più tempo per essere digeriti e rallentano lo svuotamento gastrico, alcolici, superalcolici, bibite gasate perché sono nemici dello stomaco (il vino bianco frizzante è fra le bevande alcoliche più a rischio reflusso). È invece consigliabile prediligere cibi poco elaborati, bere molta acqua per diluire gli acidi, mangiare poco e spesso al fine di tamponare la secrezione basale di acidi gastrici. Particolarmente consigliato è, inoltre, passeggiare al termine di un pasto, perché camminare facilita il processo di digestione ed evita di assumere posizioni scomode e contratte che possono agevolare il reflusso.

Se i disturbi permangono nonostante le correzioni delle abitudini alimentari e dello stile di vita (rinuncia al fumo, agli alcolici, riduzione del sovrappeso, …), si può ricorrere alle cure farmacologiche, che comprendono i farmaci antiacidi o gli H2 antagonisti (ranitidina), che neutralizzano l’acido nello stomaco, ma sono utili solo come rimedio sintomatico perché non guariscono la mucosa esofagea e inoltre causano problemi di diarrea o stipsi, e, dopo un periodo di tempo variabile, possono smettere di funzionare, o i Farmaci che bloccano la produzione di acido, come gli inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo) o infine i Farmaci procinetici che  vengono utilizzati per migliorare lo svuotamento dell’esofago e dello stomaco, impedendo il reflusso di materiale, soprattutto dopo i pasti. Ma anche questi farmaci in una piccola percentuale di casi, possono presentare effetti indesiderati come tremori, disturbi neurologici, allungamento del tratto QT all’elettrocardiogramma ed aumento dei livelli di prolattina (clebopride, domperidone, levosulpiride). 

L’alternativa a tutto ciò può essere offerto dai rimedi naturali fitoterapici, che sono efficaci nel risolvere la sintomatologia e, diversamente dai farmaci, non danno effetti collaterali. Piante come la malva, l’altea e la piantaggine, ricche di mucillagini, hanno infatti dimostrato ampiamente la loro attività benefica, lenitiva ed antinfiammatoria nei confronti delle mucose dell’esofago e dello stomaco.

In particolare c’è la formulazione di Nutriregular reflux di Nutrleya che, oltre a contenere la malva per proteggere e lenire la mucosa gastroesofagea, contiene altri ingredienti come la resina di lentisco (mastice di Chio), che svolge una documentata attività antibatterica in special modo verso l’Helicobacter pylori, ed anche condroitin solfato, potassio bicarbonato e acido alginico, che è un gel che tende ad ostacolare il reflusso del contenuto dello stomaco nell’esofago, contrastandone l’iperacidità, e riducendone i sintomi correlati come sensazione di rigurgito, esofagite, acidità, tosse, infiammazione rinofaringea, riuscendo anche a rigenerare il tessuto della mucosa gastrica danneggiato da piccole ulcerazioni.