L’ippocastano, o castagno d’India, è un albero dotato di una folta chioma e di un fusto grande e alto, che può raggiungere anche i 25 metri. Lo si trova spesso lungo i viali e i parchi pubblici delle nostre città, produce frutti avvolti da ricci spinosi, che racchiudono da uno a quattro semi lucenti, molto simili alle castagne, da cui il nome.
Quando vengono ingeriti questi frutti sono molto amari e pericolosi per il contenuto in saponosidi, dall’effetto emolitico. Non bisogna quindi mangiarli, ma bisogna usarli sotto forma di integratori alimentari o come rimedi topici (creme e gel) perché sono preziosi alleati dei nostri vasi e hanno indicazione al trattamento di disturbi circolatori di varia natura per la loro azione antinfiammatoria, antiedemigena e vasocostrittrice. Sono ricche infatti di escina, tannini, flavonoidi e curarine, dalle proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e vasoprotettive.
L’escina, in particolare, è in grado di ridurre l’attività dell’elastasi e della ialuronidasi, due enzimi che attaccano l’endotelio dei vasi e la matrice extracellulare, indebolendone la struttura. Riducendo l’attività di questi enzimi, i vasi riacquistano la normale resistenza e permeabilità, con effetto andiedemigeno, che dà sollievo a gambe pesanti, soprattutto in condizioni di insufficienza venosa periferica e nelle sindromi flebitiche. L’ippocastano grazie al suo fitocomplesso trova anche impiego, per uso esterno o interno, nel trattamento di vari tipi di edemi, varici, emorroidi, cellulite, ematomi e contusioni, grazie proprio alla sua capacità di aumentare la resistenza capillare e diminuirne la permeabilità. L’escina è indicata anche in presenza di insufficienza venosa cronica, grazie ai suoi effetti antinfiammatori e venotonici, perché è in grado di aumentare la contrattilità venosa, riducendo il ristagno di sangue negli arti inferiori e favorendo il suo ritorno al cuore. Pertanto, gli estratti totali di ippocastano standardizzati, e la stessa escina, possono essere d’aiuto in presenza di gonfiori e senso di pesantezza, stanchezza o prurito alle gambe.
Riassumendo possiamo dire che le principali azioni dell’escina a livello dei vasi sanguigni, sono:
- l’aumento del tono venoso, con conseguente miglioramento del ritorno venoso;
- l’aumento della resistenza capillare;
- la riduzione della permeabilità capillare, con conseguente inibizione della filtrazione transcapillare di acqua, elettroliti e proteine a basso peso molecolare;
- la rimozione dei liquidi interstiziali accumulatisi (azione antiedemigena)
Questi effetti possono essere potenziati con un’assunzione contemporanea di altri estratti fitoterapici ad azione sinergica, come ad esempio, gli estratti di amamelide. L’escina è la miscela delle saponine estraibili dai semi (che ne contengono la % maggiore), dalla corteccia e dalle foglie e conferisce le note proprietà medicinali alla pianta. Non a caso, i vari estratti di Ippocastano a scopo curativo sono standardizzati proprio in escina, perché consentono di sapere quante molecole attive si stanno somministrando al paziente.
Preparazioni erboristiche tradizionali come infusi, succhi e decotti, non permettono di stabilire con esattezza la quantità di principi attivi somministrata al paziente, il che aumenta il rischio di insuccesso terapeutico o di controindicazioni, soprattutto in soggetti con disturbi gastrointestinali o in presenza di nefropatie o insufficienza renale. Sono proprio i disordini dell’attività digerente (costipazione, diarrea, vomito e nausea) o i danni sul glomerulo o sul tubulo renale a rappresentare gli effetti indesiderati più comuni, anche se rari, dell’ippocastano assunto per via orale. E’ dunque essenziale utilizzare preparazioni definite e standardizzate in % di escina, poiché solo così si può conoscere la quantità esatta di sostanze farmacologicamente attive che si stanno assumendo e si evitano gli effetti indesiderati. Inoltre è bene sapere di non assumere gli estratti di ippocastano contemporaneamente ad altri farmaci perchè l’escina, per il legame che ha con le proteine plasmatiche, potrebbe ridurne il trasporto e, sempre teoricamente, sono anche possibili interazioni con farmaci antiaggreganti o anticoagulanti.