Il gelso bianco: una pianta dalla corteccia piena di sorprese

Il nome scientifico del gelso bianco è Morus alba, della famiglia delle Moraceae.

La pianta è originaria dell’Asia orientale, in particolare del nord della Cina, ma già da diversi secoli è presente stabilmente anche in Europa.

Fu qui introdotta verso il XII secolo sia da monaci italiani di ritorno dai loro viaggi di evangelizzazione in Asia, sia da Ruggero di Sicilia che importò nel suo reame esemplari di gelso bianco con numerosi bachi da seta e prigionieri abili artigiani tessitori, in grado di lavorare il filato pregiato. Una legislazione particolare tutelava addirittura all’epoca gli alberi di gelso, dapprima favorendone l’impianto e poi vietandone l’abbattimento.

Nell’Ottocento in molte regioni italiane la coltivazione dei gelsi e la bachicoltura era diventata un’attività molto redditizia che durò sino agli anni ’50 del secolo scorso, quando poi andò in disuso a causa dell’introduzione di fibre sintetiche e di nuovi tessuti meno pregiati della seta e di più largo consumo.

E’ una pianta che cresce su qualsiasi tipologia di terreno, dall’argilloso al sabbioso, presentando un’elevata capacità di adattamento, e ha trovato nelle zone italiane l’habitat ideale di crescita, compiendo senza problemi la messa a seme e la conseguente riproduzione della specie.

Tipiche erano le coltivazioni in Pianura Padana lungo i canali e i fossi per lo scolo dell’acqua, dove interi filari di gelsi delimitavano i bordi dei campi, beneficiando dell’ambiente umido e acquoso che i canali stessi garantivano.

In Italia centrale è ancora particolarmente diffuso nella zona collinare, sino agli 800 m di quota, mentre nelle zone meridionali è particolarmente abbondante nei monti Nebrodi in Sicilia

Interessante ora è il suo uso ornamentale nei giardini, sia per il portamento, sia per il colore dorato del fogliame in autunno e a tale scopo ne sono state selezionate alcune varietà pendule, come ad esempio Morus alba v. pendula con chioma espansa e rami ricadenti.

Il legno di gelso bianco in Emilia-Romagna ancora oggi è fondamentale per la produzione dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, ed è utilizzato per la costruzione di botti che conferiscono un particolare aroma al prodotto.

Di scarso interesse invece è il suo uso come pianta da frutto, pur essendo presenti diverse varietà selezionate a questo scopo, che presentano frutti migliorati e più pregiati.

Il frutto bianco-rosato è dolce già prima della maturità e viene utilizzato da sempre nella medicina tradizionale cinese per le sue molteplici applicazioni: cura dalle vertigini all’insonnia, fino all’azione protettiva su fegato e reni.

In fitoterapia l’estratto meristematico (dalle gemme) e fogliame di gelso bianco viene impiegato come ipoglicemizzante, ha effetti ipolipidici e antiossidanti.

Tra gli usi più interessanti ed efficaci del gelso bianco troviamo dunque l’azione antidiabetica.

In particolare, uno studio della Facoltà di Farmacia del Guangdong, in Cina, ha dimostrato che i polisaccaridi attivi dei frutti -MFP50 e MFP90- possono aiutare contro il diabete mellito di tipo 2.

Dopo sette settimane di trattamento su animali, le due sostanze hanno fatto registrare un effetto ipoglicemizzante (di abbassamento della glicemia nel sangue) e hanno dimostrato la capacità di riparare i tessuti del pancreas danneggiati.

Tali proprietà sarebbero da attribuire ai flavonoidi e ai mulberrosidi contenuti nella pianta e agli antocianosidi presenti nei frutti.

I mulberrosidi in generale erano già conosciuti come sostanze in grado di intervenire nei disturbi da iperpigmentazione della pelle, causato dall’eccesso di melanina e vengono utilizzati quindi quando la cute si scurisce per le più svariate ragioni: lesioni, infiammazioni, luce solare e così via.

Un estratto di foglie di Morus alba è stato anche studiato contro gli effetti del veleno della vipera indiana Daboia russelii ed è emerso che la sostanza ha completamente neutralizzato l’attività proteolitica e ialuronolitica in vitro del veleno, eliminando in modo efficiente anche gli effetti secondari come edema, emorragia e necrosi.

Inoltre l’estratto ha parzialmente inibito l’attività pro-coagulante e completamente abolito la degradazione di una catena α del fibrinogeno umano, altrimenti duramente intaccati dal veleno del serpente.

Tutta la pianta pare abbia comunque importanti proprietà benefiche. Soprattutto nei legni della corteccia. Ad esempio in quella delle radici essiccate è stato individuato il kuwanon G, che presenta attività antibatteriche paragonabili a quelle di clorexidina (disinfettante) e vancomicina (antibiotico) e aiuta a contrastare lo Streptococcus mutans, lo Streptococcus sobrinus, lo Streptococcus sanguis e il Porphyromonas gingivalis.: è dunque un potente agente antibatterico, che ha dimostrato grande efficacia durante alcuni studi in vitro contro i batteri responsabili di disturbi ai denti come le carie e le periodontiti.

Ci sono poi altri nuovi composti chimici di grande interesse farmaceutico, isolati sempre dell’estratto di corteccia della radice: l’Albanol A, in corso di sperimentazione come trattamento contro la leucemia perché pare in gradi di indurre l’apoptosi (morte cellulare programmata) di linee cellulari; il Moracin M, il Steppogenin-4′-O-β-D-glucoside e il Mulberroside hanno invece dimostrato di possedere effetti ipoglicemici ed in particolare il Mulberroside A, un glucoside stilbenoide, sembrerebbe rivelarsi utile nel trattamento di iperuricemia e gotta.

Le applicazioni del Morus alba in campo medico richiedono però ulteriori analisi e sviluppi prima di arrivare a terapie efficaci e sicure.

La medicina tradizionale cinese attribuisce proprietà benefica alla corteccia del gelso bianco per una serie di disturbi quali:

Tosse

Dispnea

Febbre

Mal di testa

Edema

Secchezza oculare

Costipazione

E’ dunque usato anche come componente attivo in diverse preparazioni fitoterapiche per combattere influenza, tosse e raffreddori stagionali