I medici dello Stato di New York stanno somministrando ai loro pazienti contagiati da coronavirus dosi massicce di vitamina C, secondo una tecnica sperimentale importata dalla Cina e messa a punto dal dottor Cheng a Shanghai, che ha contribuito a facilitare almeno tre studi clinici cinesi attualmente in corso sull’introduzione del micronutriente per via endovenosa e ha incoraggiato i cinesi a implementare le terapie con la vitamina C con alti dosaggi anche per via orale.
Il tema delle terapie sperimentali per combattere il Covid-19 è piuttosto dibattuto, c’è chi dice che sono tutte fake news, c’è chi rivendica il primato della terapia proposta, c’è chi si dice assolutamente contrario all’utilizzo di questo o quel farmaco, c’è chi dice sì allo screening di massa coi tamponi, e chi dice no all’uso della mascherina e dei guanti. E’ un bailamme di informazioni con cui ogni giorno ci bombardano ed è tutto e il contrario di tutto. Venirne a capo e sapere cosa è corretto e cosa non è corretto è difficilissimo anche per le menti più scientifiche, pare non lo sappiano neppure gli esperti più titolati e blasonati, che, ogni sera alla tivù, cadono in contraddizione rispetto a quanto affermato il giorno precedente.
In ogni caso, quello che si sa per certo è che il virus, una volta insediatosi in un determinato posto si diffonde velocissimamente e ha una capacità di contagio enorme. Ad oggi in Italia sono più di 80.000 le persone positive e, purtroppo in un mese ci sono stati circa 14.000 morti, per lo più concentrati in tre regioni del nord, con la Lombardia al primo posto per numerosità di decessi e focolai epidemici. Il rischio di morire è più elevato in chi ha malattie croniche di tipo cardiovascolare o respiratorio. Il fumo di sigaretta rappresenta un ulteriore fattore che mette a maggior rischio di avere una forma grave di malattia.
La risposta dell’organismo al virus dipende anche da fattori individuali non del tutto conosciuti.
In alcuni casi il virus può scatenare un’eccessiva risposta infiammatoria in grado di causare danni al cuore e ad altri organi.
Non ci sono purtroppo rimedi ancora certi da poter raccomandare e si sta cercando di mettere a punto un vaccino ad hoc, ma ci vorrà del tempo, gli scienziati più ottimisti sperano che entro la fine dell’anno si sia in grado di poterlo sperimentare direttamente sull’uomo.
Ma proprio per il fatto che comunque alla base dei casi più gravi scatenati di queste polmoniti virali si osservano sempre dei grossi stati infiammatori e di grande ossidazione cellulare, alcuni clinici ricercatori si sono concentrati su alcune terapie che potrebbero essere efficaci nel ridurre la portata e la durata della malattia.
Tra le terapie ritenute più promettenti dalla comunità scientifica ci sono:
- il remdesivir, un farmaco antivirale sperimentale studiato in precedenza, con risultati insoddisfacenti, per il trattamento dell’infezione da virus ebola
- la combinazione lopinavir/ritonavir, già in commercio e utilizzata per il trattamento dell’HIV
- la clorochina e l’idrossiclorochina, farmaci usati per il trattamento della malaria e (idrossiclorochina) per l’artrite reumatoide
Questi farmaci sono risultati efficaci nell’inibire la replicazione del virus SARS-CoV-2 in colture di cellule e nel trattamento di infezioni da coronavirus (come quello della MERS) in modelli animali. Recentemente si è aggiunto il favipiravir, un altro farmaco antivirale approvato in Giappone come antinfluenzale e che sembrerebbe essere risultato efficace in due studi condotti in Cina.
- il tocilizumab, un anticorpo monoclonale già utilizzato nella terapia dell’artrite reumatoide, per il trattamento dei pazienti che presentano una forma grave di malattia (al Pascale di Napoli il Prof Ascerto con altri colleghi ha avviato una sperimentazione clinica anche in Italia allo scopo di valutare l’efficacia di questo farmaco in 330 pazienti con polmonite e i primi segni di insufficienza respiratoria o intubati nelle ultime 24 ore)
Il successo che si è riscontrato proprio con l’anticorpo monoclonale pare sia dovuto al fatto che nei malati in forma avanzata di Covid-19 vi è quella che viene definita una tempesta citochinica, cioè una condizione per cui l’equilibrio – fondamentale per il sistema immunitario – viene perso a causa dell’eccessiva produzione di citochine che sono dei noti precursori del processo infiammatorio. Il farmaco, che è un farmaco biotecnologico, agisce andando a bloccare il recettore della citochina interleuchina-6, una proteina coinvolta nei processi infiammatori e che di solito si presenta con livelli elevati nelle persone che soffrono di artrite reumatoide, impedendole di fare i suoi effetti.
In pratica, legandosi alla IL-6, il farmaco impedisce alla proteina di innescare il processo infiammatorio riducendo gli effetti della malattia. Anche i pazienti con metastasi dovute ai tumori hanno livelli di IL-6 più alti del normale nel loro sangue, e l’impiego di questi nuovi farmaci si è rivelato promettente anche in nuove terapie contro il cancro.
In generale quando il sistema immunitario è alle prese con un patogeno da sconfiggere (come un virus), alcune molecole proteiche specializzate (citochine) mettono in allarme le cellule immunitarie richiedendo il loro intervento nel punto in cui si sta verificando l’infezione. Le citochine hanno inoltre il compito di stimolare queste cellule, inducendole a produrre nuove citochine per continuare a segnalare il pericolo e ottenere nuovi aiuti. Il meccanismo viene regolato dall’organismo, ma in alcune circostanze può finire fuori controllo con la conseguente attivazione di troppe cellule immunitarie in un solo punto del corpo. In questo caso si verifica una “tempesta di citochine” che può rivelarsi fatale.
E questo è quello che è stato visto succedere nei polmoni dei pazienti gravi con Covid-19, comportando un accumulo di fluidi che blocca le vie respiratorie.
La sregolazione quindi che si viene a creare inoculando il virus è a carico anche del sistema immunitario ed è probabilmente questa intuizione che ha guidato alcuni ricercatori a ritenere che anche la vitamina C, in qualità di sostanza antiossidante che svolge un ruolo nel ridurre la risposta infiammatoria, possa avere una qualche efficacia per supportare la terapia anti Covid-19.
Inoltre, la vitamina C può aiutare ad eliminare il fluido alveolare impedendo l’attivazione e l’accumulo di neutrofili e riducendo il danno al canale epiteliale alveolare.
In tutti i casi è sempre bene, a scopo preventivo, avere un sistema immunitario che funziona bene e per potenziarne gli effetti si possono prendere integratori dalle proprietà immunostimolanti e immunomodulanti.
Due su tutti Nutridef C di Nutrileya con 500mg di Acido Ascorbico o Nutridef con Astragalo, Shiitake e Zinco che contribuiscono alla normale funzione del sistema immunitario, Schisandra che esercita un’azione tonico-adattogena, Beta-glucano e Lactobacillus paracasei tindalizzato che attivano l’immunità innata contrastando l’infezione provocata da virus, batteri e funghi e proteggono le mucose dell’apparato respiratorio, e, infine, tanta Rosa Canina, fonte principale in natura di Vitamina C.