Le allergie, soprattutto quelle di tipo respiratorio, causano davvero moltissimo disagio a tutti i soggetti che ne sono affetti. Si nasce allergici, si diventa allergici a qualsiasi età, siamo sempre di più in Italia: le persone che soffrono di allergie sono aumentati di 7 volte negli ultimi 30 anni, passando dal 4% a quasi il 30% della popolazione.
Tra i soggetti più colpiti ci sono i bambini per i quali i sintomi allergici diventano un limite per lo studio ma anche per le attività sportive e il gioco. Non si conoscono bene le cause, né i rimedi, sicuramente ad alimentare le allergie contribuiscono la troppo rapida trasformazione del nostro ambiente naturale,l’inquinamento atmosferico, lo stress. Dalle stime, più del 50% delle persone allergiche lo sono ai pollini di alcune piante che cusano i classici sintomi clinici nasali. Alcune volte ci si può confondere con i normali sintomi dell’influenza o di un banale raffreddore, ma se si protraggono per un tempo più lungo si può trattare di rinite allergica, specie se i prodromi si presentano intorno ad inizio marzo, ai primi segnali della bella stagione con il clima che invita a stare all’aperto e godersi le belle giornate di sole.
La prima descrizione dell’allergia a pollini risale al 1819 ed è attribuibile al medico inglese John Bostock, che ne soffriva e che la indicò come “febbre da fieno”, termine che è ormai obsoleto in quanto è ormai universalmente utilizzato il termine “pollinosi” con cui si intende “una malattia allergica IgE-mediata, causata dall’inalazione di allergeni presenti nei granuli pollinici trasportati dall’aria”. Un altro ricercatore Charles Blackley, nel 1873, scoprì che a scatenare la reazione allergica sono soprattutto le piante che utilizzano l’impollinazione anemofila e che producono elevatissime quantità di polline per compensare l’impreciso mezzo di trasporto costituito dal vento per aumentare così la possibilità che almeno qualche granulo possa raggiungere il fiore femminile.Non bisogna di certo sottovalutare le manifestazioni di prurito a palato, gola ed orecchie, tosse, difficoltà respiratorie, lacrimazione agli occhi, secrezione nasale con muco bianco e gocciolamento del naso, starnuti continui, arrossamento e prurito oculare ed infine manifestazioni cutanee come dermatiti, perché- se trascurati, questi sintomi possono portare a dei peggioramenti come ad esempio l’asma bronchiale, difficoltà respiratorie importanti e un’infiammazione dei bronchi che può diventare cronica.
Molti soggetti con sintomi allergici non trattati sottovalutano gli enormi benefici di cui potrebbero godere una volta diagnosticato il tipo di sostanza che provoca l’allergia, ovvero l’allergene che provoca e scatena la iper-reazione del sistema immunitario. La diagnosi è un passo fondamentale per prevenire e per curare, e per capire quali sono gli allergeni incriminati: le prove che è necessario fare sono adatte sia ai soggetti adulti ma anche ai bambini di qualsiasi età. Sarà il medico specialista allergologo a stabilire quale tipo di esame è più adatto in relazione all’età ed alla tipologia di allergia, alla storia clinica ed alla storia familiare. In primis c’è la possibilità offerta da un test cutaneo, PRICK TEST, che viene effettuato mediante piccolissime incisioni su zone di cute detersa ed integra, dove vengono applicate pochissime quantità dell’allergene, poi trascorsi 10-15 minuti si vedono i risultati: in caso di allergia, si manifesterà un piccolo rigonfiamento con un po’ di rossore nel punto in cui l’allergene è stato collocato. Il prick test può essere eseguito per 40 diversi tipi di sostanze alla volta ed è il tipo di esame più efficace per diagnosticare problemi di allergia al polline, alle muffe ed agli acari della polvere.
Negli adulti viene generalmente effettuato sull’avambraccio, mentre nei bambini sulla schiena. C’è poi il PATCH test che non prevede l’uso di aghi, l’allergene in questo caso viene applicato su un cerotto, che viene posizionato sulla pelle. Durante il test, la pelle viene esposta a massimo 30 estratti di sostanze che potrebbero essere causa di allergia, come latex, metalli, resine, medicinali e coloranti per 48 ore. Se dopo questo lasso di tempo la cute si presenta irritata, significa che si è in presenza di un’allergia. C’è anche la possibilità di verificare se si è allergici facendo un prelievo di sangue venoso per verificare il livello delle immunoglobuline IgE, ovvero gli anticorpi che il sistema immunitario scatena contro gli allergeni specifici. Questo esame specifico si chiama RAST test ed è un esame di secondo livello che viene effettuato in genere dopo il prick test. Altri esami del sangue monitorano la quantità di eosinofili, che, se aumentati, danno un’ulteriore conferma della presenza di reazione spropositata del sistema immunitario.
Infine esiste il test di provocazione, dove piccole dosi di allergene vengono fatte inalare o ingerire dalle persone potenzialmente allergiche. Si tratta di un esame che può essere utile in caso di allergie alimentari o ai medicinali. Se c’è il sospetto di un’allergia alimentare, gli allergeni, come per esempio le proteine di arachidi e uova, vengono somministrati mediante apposite capsule, per via orale in forma secca o liofilizzata. Se invece si sospetta un’allergia di tipo respiratorio, gli allergeni vengono somministrati per via inalatoria. Il soggetto viene tenuto in osservazione per diverse ore, valutando l’eventuale comparsa di sintomi, come prurito, orticaria, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, dispnea, tosse, rinorrea, lacrimazione e cefalea. Tra i diversi tipi di prove allergiche, il test di provocazione è quello che offre i migliori risultati diagnostici, ma è doveroso precisare che comporta un elevato rischio di reazioni anomale, anche importanti in termini di effetti collaterali, e richiede parecchio tempo per l’esecuzione.